Storia di una casa occupata: via Correggio 18 a Milano

La casa occupata di via Correggio 18 a Milano (1975-1984) ha costituito un momento importante nel panorama di lotte cittadino, aperta e tollerante, e proprio per questo caratterizzata da una impronta decisamente libertaria. Dopo il libro di Marco Philopat, Costretti a sanguinare. Il romanzo del punk italiano 1977-1984 (uscito nel 1996), che ricostruiva in modo romanzesco le vicende del Virus, ospitato in un’ala dell’edificio occupato, ora è la volta di Massimo Pirotta, Le radici del glicine. Storia di una casa occupata, Milano, Agenzia X, 2017, Euro 15,00.

Alla redazione dell’opera hanno collaborato lo stesso Philopat, Paoletta “Nevrosi”, Marco Mussi e Viviana Nicolazzo.

Particolarmente efficace la scelta di pubblicare la raccolta delle testimonianze degli stessi occupanti e di chi è stato vicino all’occupazione, soluzione che consente di ricostruire la storia di quegli anni avventurosi attraverso un caleidoscopio di percezioni individuali diverse. Ci auguriamo di vedere uscire opere simili anche per altre importanti esperienze di lotta del periodo.

Come diceva Gaetano Salvemini ad Armando Borghi: “se gli anarchici non se ne occupano, la storia la faranno i loro nemici” e, come l’esperienza insegna, il modo più facile di riscrivere il passato da parte dei vincitori del momento consiste nella rimozione. Ieri la vulgata stalinista cancellava completamente l’apporto anarchico alla lotta antifascista e resistenziale, trasformando in “comunisti” i militanti libertari. Oggi il neoliberismo imperante cerca di rimuovere ogni memoria delle lotte passate. Ma è proprio il ricordo del passato che permette di costruire il futuro.

L’area di via Correggio 18, proprietà delle industrie Mellin, venne occupata per iniziativa del Comitato di quartiere Magenta, “un gruppo aperto e composito; vi partecipavano, oltre che militanti della sinistra extraparlamentare, cattolici di sinistra, giovani abitanti della zona senza precisa collocazione politica e qualche aderente ai partiti progressisti” (p. 28), cui si aggiunse “una componente più libertaria e hippie, eravamo attratti più dalle controculture che dalla politica militante” (p. 54).

L’occupazione avvenne l’11 aprile 1975, in quei giorni Milano era caratterizzata da continue azioni di lotta e da grandiose manifestazioni di piazza, spesso caricate dalla polizia. Nel giro di pochi giorni si susseguirono l’assassinio fascista a colpi di pistola dello studente del Movimento Studentesco Claudio Varalli (16 aprile), l’uccisione di Giannino Zibecchi, militante dei Comitati antifascisti, travolto da una camionetta dei carabinieri durante la carica contro un corteo (17 aprile), l’accoltellamento mortale del lavoratore-studente Alberto Brasili, reo di vestire “come uno di sinistra”, da parte dei fascisti (25 maggio) (p. 204-205).

Il libro ricostruisce, attraverso la memoria dei protagonisti, la storia di quei nove anni di occupazione (che sarebbe veramente impossibile cercare di riassumere qui in poche righe). Tra i frequentatori della casa ricordiamo qui solo il mitico partigiano comunista Bruno Casini, inveterato stalinista, ma aperto al dialogo e sempre pronto alla lotta (nonostante l’età), e la compagna della FAI Adele Pisciotta, prematuramente scomparsa. Tra le realtà ospitate ricordiamo, oltre al Virus, il Coordinamento di lotta per la casa, il Comitato di lotta precari e disoccupati (che pubblicava Wobbly. Foglio di lotta del precariato sociale), ma anche qui l’elenco sarebbe infinito… progressivamente l’impronta libertaria dell’occupazione andò accentuandosi sempre più, con un atteggiamento aperto e non dogmatico nei confronti di tutte le posizioni antagoniste e rivoluzionarie.

Anche dopo lo sgombero (avvenuto il 15 maggio 1984), la lotta degli ex occupanti non si arrestò, con una serie di azioni clamorose, documentate fedelmente da UN.

Mauro De Agostini

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